Non è un paese per single – la recensione

Non è un paese per single è l’ultimo romanzo di Felicia Kingsley, l’ottavo pubblicato con Newton Compton Editori. L’autrice ha anche pubblicato due novelle: Appuntamento in terrazzo, per la quale Felicia ha deciso di devolvere i proventi all’Ospedale Policlinico di Modena per l’emergenza pandemica, e Il mio regalo inaspettato, penultimo testo pubblicato dall’autrice.

I romanzi attualmente pubblicati da Felicia Kingsley:

Trama

Belvedere in Chianti, piccolo borgo sulle colline toscane, dove abbondano ulivi e vigne ma di scapoli nemmeno l’ombra, è in fermento: Charles Bingley, nipote del defunto conte Ricasoli, sta arrivando dall’Inghilterra per prendere possesso dell’eredità, la tenuta Le Giuggiole. La notizia ha scatenato le potenziali suocere, disposte a tutto pur di sistemare le figlie con Charles o con il suo altrettanto affascinante, ricco e single amico Michael D’Arcy. A chi, invece, questa caccia al marito non interessa, è Elisa, amica d’infanzia di entrambi i giovani, con i quali passava tutte le estati alla tenuta, dove ora vive e si occupa con passione della vigna e della produzione del vino. Mentre tutte le ragazze di Belvedere si contendono i due appetitosi single, Elisa cerca di capire cosa ne sarà della tenuta, dato che Charles e Michael sembrano arrivati in Toscana con intenzioni poco chiare. Sono passati molti anni da quando lei e Michael erano compagni di giochi, la vita li ha cambiati e molti segreti si sono annidati tra le pieghe del tempo, che però sono sempre più difficili da nascondere. Possibile che due amici affiatati come loro possano ritrovarsi nemici? E se tra bicchieri di Chianti, scorpacciate di pappardelle e molti malintesi Elisa e Michael finissero a fare i conti con sentimenti tanto forti quanto imprevisti e forse impossibili da reprimere? A Belvedere, terra di pettegolezzi, tutti vogliono sapere…

 

Recensione

Partiamo da un presupposto ormai assodato: Felicia Kingsley è una sicurezza. Con Non è un paese per single conferma il suo talento e la sua incredibile capacità di costruire storie che appassionano, ipnotizzano, ti catturano e non ti lasciano più. In questo caso, come in Una Cenerentola a Manhattansiamo di fronte a un retelling accurato e arguto, originale. Sulla falsa riga della sceneggiatura di Orgoglio e Pregiudizio della nostra amata Jane Austen, l’autrice ricama una storia attuale, credibile, fresca e intelligente. Perché è questo ciò che mi piace di più di lei: scrive con intelligenza.

Elisa è la tipica self-made woman: caparbia, talentuosa, rigorosa. Michael D’Arcy è il belloccio sbruffone, concentrato sul lavoro e sulla sua vita da scapolo d’oro. Due persone agli antipodi che condividono un passato comune: quando erano bambini passavano le estati insieme proprio lì, alla tenuta Le Giuggiole, sulle mie care colline toscane, dove adesso Elisa ha costruito la sua brillante carriera. Quando Michael torna a Belvedere e la rivede non la riconosce nemmeno: l’ha lasciata una ragazzina maschiaccio, la ritrova donna schietta, matura, affascinante.

Una frase infelice ascoltata per caso e pronunciata dalla bocca crudele di Michael innesca subito l’odio più profondo: chi si crede di essere quell’insulso londinese? Cosa ci fa qui? Una frase di fronte alla quale Elisa reagisce con la dignità e la fierezza di una donna consapevole del proprio valore, ma che rompe qualcosa dentro di lei. Perché quella facciata sicura, quell’armatura indistruttibile, nasconde una ragazzina tradita, abbandonata. Ma Elisa non può arrendersi alle sue fragilità, deve difendere il proprio lavoro e la propria famiglia, concedendosi anche delle piccole e simpatiche vendette ai danni del suo nuovo nemico. Ci vuole poco affinché la vera natura di Michael esca fuori: anche la sua corazza inizia a scricchiolare fino a quando non deve arrendersi all’evidenza. Elisa gli piace, da morire.

Un attimo prima è una strega, capace di darmi ai nervi come nessuna mai nella vita; l’attimo dopo l’unica cosa che mi trattiene dal saltarle addosso e strapparle i vestiti è l’infrazione di almeno nove articoli del Codice penale.

 

Ed è qui che entra in campo la maestria dell’autrice: costruisce il meccanismo perfetto, un puzzle fatto di equivoci, malintesi, sotterfugi, rivelazioni e rimandi, la cui immagine si riesce a comprendere solo quando tutti i pezzi sono stati sistemati al loro posto. Il tutto incastonato in un impianto emotivo approfondito ma mai pesante, intervallato da scene divertenti e ironiche, lontane anni luce dal mondo del grottesco e del surreale che ultimamente sembra minare il genere rom-com e Chick Lit.

Chi poi conosce bene l’opera di Jane Austen si accorgerà che Felicia Kingsley non ha preso semplicemente la trama di Orgoglio e Pregiudizio come ispirazione, ma ha letteralmente costellato il testo di piccole citazioni che, quando riconosciute, danno una soddisfazione incredibile!

Che dire? Non è un paese per single è ufficialmente entrato a far parte della mia top 3 dei romanzi di questa autrice.

Godetevelo, centellinatevelo o divoratelo, ma leggetelo!

 


Questo romanzo ci è stato inviato dalla casa editrice Newton Compton Editori che ringraziamo!

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3 commenti su “Non è un paese per single – la recensione

  1. E’ vero Felicia Kingsley è una garanzia, questo me lo sono preordinato e dovrebbe arrivare oggi o domani poi se faccio come al solito me lo leggo tutto d’un fiato….

  2. La storia è carina e lo stile di felicità Kingsley è sempre divertente e avvincente. Due sole cose stonano parecchio a mio avviso. Per essere stata ispirata da Jane Austen si è fatta prendere troppo la mano ed ha usato molto spesso parolacce e frasi a mio avviso anche troppo grevi. Cito solo per esempio “di cacare e di morire la gente non smetterà mai”. Per rendere l’idea. Seconda cosa il fiorentino storpiato inserito in diverse battute che ha disturbato non poco una Fiorentina doc come me nella lettura. Felicia passa un po’ di tempo a Firenze ed impara per benino maremma impestata!

  3. Concordo pienamente col commento di chi si dice “disturbata” dallle storpiature del dialetto. Non me lo sarei aspettata da un’auteice che finora ho sempre ammirato per la cura nella scelta delle parole. E credo che neanche a Lea Landucci sia sfuggito questo difetto…altra pecca che ho trovato nel libro è la poca attenzione: un personaggio (secondario) che viene presentato come Graziella non può poi essere chiamato Graziana due pagine dopo.

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