Non è mai troppo tardi – la recensione

Non è mai troppo tardi (luglio 2020, prezzo Amazon €15,10, 230 pagine) è il romanzo di esordio di Stefania Russo, trentenne modenese e madre di due splendidi bimbi, che ha affidato il suo primo libro alla casa editrice Sperling & Kupfer.

Trama

Mi chiamo Annarita, ho ottantaquattro anni e vivo nel Mostro di cemento, un anonimo complesso residenziale nella periferia di Milano, su una stramaledetta sedia a rotelle. Non si può certo dire che io sia autosufficiente, ma per fortuna posso contare sull’aiuto di Olga, una donna rumena premurosa e gentile. Ho anche una figlia, Katia, che vive proprio nella palazzina qui accanto, ma non ha più tempo ormai da dedicare alla sua vecchia. C’è una cosa, però, per cui le sarò per sempre grata: sua figlia Stella, la mia affettuosa nipotina sedicenne, la mia felicità quotidiana. Trascorro le mie giornate tra un caffè con i vicini e i romanzi che Olga mi legge, trascinandomi, di tanto in tanto, nel cortile del Mostro, dove ho conosciuto questo strambo vicinato con cui mi sono trovata a vivere: le vecchiette con cui vado a messa, Alessio – il fidanzatino di Stella – e gli altri ragazzotti con i pantaloni strappati, il giovane e instancabile Totò e don Antonio, su cui tutti possiamo sempre contare. Non ho mai visto il Mostro così animato come nelle ultime settimane, tanti vicini disposti a donare il loro tempo e altrettanti a pagare per imparare a impastare il pane o a usare il computer. Si chiama Banca del Tempo. L’idea è venuta a Stella: chi vuole può rendersi disponibile offrendo dei corsi, e il denaro raccolto dai partecipanti servirà ad aiutare la sorella di Olga, gravemente malata. Speriamo solo che non sia troppo tardi…

Recensione ★★★★✰ (4,5/5)

Non è mai troppo tardi è un ottimo esordio, condito da una bella scrittura fresca e scorrevole, delicata ma realista, capace di disegnare ottimi sentimenti e una punta di amarezza. Si tratta di un libro di narrativa contemporanea (non un romanzo rosa) in cui sentimenti e relazioni sono i veri protagonisti della storia.

Il romanzo si apre con una sorta di presentazione della protagonista, Annarita, ultraottantenne molto vispa e presente a se stessa, dotata di un fisico che fa cilecca e una mente quasi perfetta. La sua vita scorre lenta e immutabile, soprattutto da quando ha perso il marito, Egidio, e le sue giornate hanno iniziato ad avvizzire. La figlia non la calcola nemmeno, così, squattrinata e non autosufficiente, si deve arrendere al suo orgoglio e chiedere aiuto a Olga, una specie di badante volontaria, alla nipote Stella (anzi, Stellina) e ai suoi vicini di pianerottolo, sempre pronti a darle una mano.

 

All’improvviso ho la sensazione che quel plurale fuori contesto, quell’uso del noi al posto del tu, anche se non ce ne sarebbe stato bisogno, anche se la vita è la mia, e così l’ipertensione, e così le arterie ostruite, e così una figlia imprevedibile e scapestrata, dimezzi le mie fatiche e alleggerisca la mia mente della metà dei pensieri.

 

Ed è proprio per aiutare Olga che la nostra nonnina vivrà un’avventura speciale, reagendo alla spietata apatia a cui la vecchiaia l’ha condannata.

Nella prima parte del romanzo, l’autrice riesce a ridurre il cuore di chi legge alle dimensioni di un nocciolo d’oliva: diventa così piccino che ti tocca appoggiare il libro sulle gambe, chiudere gli occhi, e riempire i polmoni di un respiro profondo, per smettere di sentire gli spilli negli occhi. La frustrazione di Annarita diventa la tua, e vorresti esserci tu, lì con lei, ad aiutarla. A farle evitare il “salto del pannolone”.

Ma Non è mai troppo tardi si rivela ben presto per quello che è: una storia di speranza e di buoni sentimenti, a tratti triste e malinconica, a volte brillante, spesso emozionante.

 

Un antico filosofo cinese diceva che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. Non siamo poi così male, noi uomini, in fondo.

 

Ti ritrovi a tifare per la protagonista come una cheerleader o a sentire forte il bisogno di prendere qualche personaggio per il collo e schiacciarlo al muro, per chiedere dove trova il coraggio del comportamento. Non riesci a tenere le distanze, mentre leggi: ti tuffi e ti lasci trasportare da un fiume fatto di scrittura diretta e diritta, senza fronzoli, a tratti troppo descrittiva ma sempre molto piacevole.

Il modo in cui l’autrice riesce a raccontare un personaggio così lontano da lei è incredibile. Pagina dopo pagina il personaggio di Annarita assume contorni sempre più nitidi, sorretti da una credibilità davvero curata e radicata. Fatto salvo per alcuni termini ed espressioni che poco si sposano con il linguaggio di un’anziana signora, il resto è più che realistico. Le crediamo subito, alla nostra Annarita, e per questo riusciamo a immedesimarci ed empatizzare.

L’unico neo l’ho riscontrato nella scelta di dedicare gli ultimi due capitoli a un epilogo, a mio avviso, troppo accelerato e positivo. Come direbbe mia nonna Nicla: “Finisce tutto a tarallucci e vino!“, ovvero tutte le sotto trame (forse troppe) si chiudono in un lieto fine forzato e repentino. Avrei preferito un finale aperto e, soprattutto, non avrei voluto scoprire che la mia eroina è una fan inconsapevole di Pomeriggio Cinque della D’Urso, cliché che mi ha fatto storcere il naso: l’ho percepito come non necessario e non in linea con la logica di quel personaggio meraviglioso che Stefania Russo ci ha regalato.

Mi sono bevuta questo romanzo nel giro di ventiquattro ore, l’ho trovato coinvolgente, emozionante, ficcante e originale. Un esordio di qualità e una lettura che consiglio a tutti!

 


Questo romanzo ci è stato inviato dall’autrice Stefania Russo che ringraziamo!

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