Ho sposato un maschilista – la recensione

Ho sposato un maschilista è il quarto romanzo dell’autrice emergente Joanne Bonny (leggete QUI l’intervista all’autrice!), il primo pubblicato dalla Newton Compton Editori. La giovane autrice ha dimostrato una interessante natura versatile che l’ha portata a scrivere romance di tipo thriller, politico e young adult, fino ad arrivare al Chick Lit classico.

I romanzi attualmente pubblicati da Joanne Bonny sono:

Trama

Emma è una talentuosa giornalista, vittima della classica discriminazione di genere, per la serie “le donne possono fare tutto, ma sicuramente peggio degli uomini”. Ma lei non ci sta, così decide di fondare una propria rivista, “Revolution”, attraverso la quale sublimare la sua natura femminista. Nel frattempo Emma continua a collezionare appuntamenti inutili, in cui l’obiettivo sembra quasi essere l’attesa che il povero malcapitato dica qualcosa di minimamente maschilista e venga quindi inevitabilmente scartato. È in lizza per un premio molto importante quando scopre che i suoi due amici e collaboratori l’hanno iscritta per scherzo ad un reality show, e non a uno qualsiasi… a “chi vuol sposare un milionario?“, ovvero l’apoteosi dell’anti-femminismo. Sulle prime cerca in tutti i modi di annullare l’iscrizione, ma alla fine si convince del fatto che possa essere un’ottima occasione per scrivere un reportage sulla TV spazzatura che denigra il genere femminile. O almeno, questo sembra essere all’inizio il suo obiettivo finale, anche se poi le cose prenderanno una piega del tutto inaspettata…

Recensione ★★★★☆ (4/5)

Ho sposato un maschilista è un romanzo divertente e romantico, ottima miscela per un ChickLit D.O.C.! Emma è quella che definirei una femminista integralista, solida e inamovibile, quasi snob. Il suo amor proprio e la sua dedizione al femminismo crea tra lei e l’universo maschile un muro insormontabile fatto di pregiudizi, diffidenza e rigidità, tutti ingredienti che alimentano di fatto un’enorme coda di paglia: per lei qualunque frase e qualunque gesto proveniente da un uomo sottintende un disprezzo latente per il genere femminile. Ma in questo modo non si accorge di predicare bene e razzolare male: lei è la prima che si crogiola nel pregiudizio e nella denigrazione dell’altro sesso. L’unico uomo che sembra andarle a genio è Alessio, non a caso suo amico e confidente gay.

Il fatto è che l’appellativo “signorina” è incredibilmente sessista, discriminante e riduttivo. Fateci caso: avete mai sentito qualcuno rivolgersi a un uomo adulto e celibe con termine “signorino”? Ovvio che no […]
Questo perché loro, a differenza di noi donne, non vengono identificati a seconda del loro stato civile. Il termine “signorina” è uno stupido retaggio della società patriarcale, che serve solo a catalogare la donna in base alla sua appartenenza o meno a un uomo.

E pensare che io, ormai scavallati i 40 anni, quasi mi offendo quando mi danno della signora! Non sono abbastanza femminista, credo. O forse semplicemente non concepisco il femminismo come un estremismo culturale, ma un mezzo per arrivare alle pari opportunità. E devo dire che la tendenza della protagonista a “esagerare” in questo senso mi ha portato a non riuscire completamente ad immedesimarmi in lei, almeno inizialmente. Per fortuna però la lucidità dell’autrice, che sicuramente più di me crede in questo integralismo, la porta a una riflessione e a una critica indispensabile quanto costruttiva sull’argomento, di fatto riequilibrando quello che all’inizio sembrava un’esaltazione a mio parere eccessiva del femminismo. L’escamotage è perfetto: inserire un personaggio come Veronica, la grande sorella (geniale il paradossale riferimento al Re dei reality trash), la guru del movimento femminista che di fatto tratta il marito come il peggior maschilista tratterebbe sua moglie: lo costringe a lasciare il lavoro e dedicarsi ai loro figli, concedendogli poco più di qualche ora d’aria e riducendolo a uno schiavo del focolare.

“Il venerdì Teo ha la sua serata libera. Corso di uncinetto. […] Prima il venerdì aveva la partita di calcetto con gli amici, ma io gli ho proibito di continuare. Se si infortuna, chi manda avanti la casa?”

Il principale meccanismo comico si attiva quando Emma si ritrova suo malgrado in un contesto diametralmente opposto rispetto alla sua comfort zone: un reality show dove le donne devono fare carte false per conquistare il cuore di un bellissimo, ricchissimo, quotatissimo maschilista. Anche qui traspare perfettamente il disprezzo dell’autrice per i reality show e la TV spazzatura in generale, cosa stavolta forse più universalmente condivisibile (anche se a me personalmente reality show e TV trash piacciono molto come intrattenimento, li trovo molto rilassanti). Emma ovviamente cerca di evitare questa trasmissione come la peste, ma alla fine decide di rassegnarsi e sfruttare l’occasione per scrivere un articolo che denunci il ruolo svilente della donna in simili contesti. Appena questa assurda esperienza inizia, capiamo subito che di materiale ce n’è a bizzeffe e che non sarà difficile per lei scrivere un articolo eclatante.

Ma le cattiverie e le angherie che mettono in scena le sue “rivali” sfiorano veramente l’inverosimile: capelli sfigurati, vestiti deturpati, ripicche che raggiungono la pura perfidia, azioni e atteggiamenti degni di bambine delle elementari parecchio stronze. E la domanda che mi ha accompagnata per tutta la lettura della seconda parte è: ci sono telecamere ovunque, si lamentano tutte per la mancanza di privacy, ma ogni volta che succedono simili cattiverie, vendette e scaramucce per l’appunto nessuno riprende l’accaduto e nessuno riesce a provare l’innocenza o la colpa delle concorrenti. Ho trovato la cosa poco credibile, difficile da accettare nonostante il contratto implicito che ogni volta si instaura tra autore e lettore: io scrivo e voi credete ciecamente in ciò che leggete.

Alla fine comunque i lati positivi di questo romanzo superano di gran lunga quelli negativi che di fatto nel mio caso non hanno inficiato il piacere e il divertimento alimentati dalla sua lettura, che sento di consigliare a chi ha voglia di un testo leggero e scorrevole, brillante e originale.

 


Questo romanzo ci è stato inviato dalla casa editrice Newton Compton Editori, che ringraziamo!

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